Teoria polivagale - Centro Monica Vitali

La teoria polivagale come meccanismo di cura

Articolo pubblicato sulla rivista Bergamo Salute, Dicembre 2022 a cura di

DOTT.SSA MONICA VITALI
Ostetrica-Osteopata; Consulente Sessuale; Centro Italiano Pavimento Pelvico ® Bergamo

RAFFAELLA ISOARDI
Operatore di Somatic Experiencing® Trauma Counselor; Somatorelazionale; Certificate of Polyvagal Informed Practice; Centro Italiano Pavimento Pelvico ®Bergamo


Tendiamo a pensare che il cervello sia una specie di burattinaio che muove i fili del resto del corpo. Invece anche il resto del corpo manovra il cervello con gli stessi fili. «Come spiega il padre della teoria polivagale, il neurofisiologo americano Stephen Porges, la comunicazione tra cervello e corpo è bidirezionale e reciproca. Attraverso il sistema nervoso autonomo, i nostri visceri, cuore, polmone, intestino etc., controllano il nostro comportamento almeno quanto la nostra mente, se non di più» confermano la dottoressa Monica Vitali, ostetrica e osteopata, e Raffaella Isoardi operatore di Somatic Experiencing®. Approfondiamo allora la cosiddetta teoria polivagale e i suoi campi di applicazione.

 

Cosa si intende per teoria polivagale?

La teoria polivagale è una teoria sul legame mente-corpo, che si propone di spiegare i meccanismi neurofisiologici sottostanti, dando un significato a tutto ciò che regola lo stato fisiologico dell’organismo per garantirne la sopravvivenza e affrontare tutte quelle condizioni che etichettiamo come “stress”. In altre parole, mira a spiegare le reazioni dell’uomo in situazioni di pericolo. Sentirsi al sicuro è uno dei bisogni fondamentali per gli esseri umani. Da un punto di vista neurofisiologico, la capacità di cogliere i segnali di pericolo e attivare risposte che ci permettano di sopravvivere è un compito affidato al Sistema Nervoso Autonomo. Alla base c’è l’idea che siamo programmati per vivere in connessione con gli altri, attraverso meccanismi di coregolazione reciproca, che sostengono il nostro senso di appartenenza e sicurezza nei rapporti sociali. Lo stato che si attiva in questa condizione di calma e sicurezza è quello ventro-vagale. Quando, invece, entrare in relazione con gli altri non è più percepito come sicuro, si attiva il sistema simpatico, che mette in moto una reazione di mobilizzazione, attacco o fuga per difenderci dal pericolo. Se la minaccia infine è tale da vanificare qualsiasi reazione, prevale lo stato dorso-vagale che porta a immobilizzazione e collasso come ultimo baluardo per la sopravvivenza. Secondo Porges, queste tre reazioni fisiologiche si innescano in modo gerarchico e si alternano a seconda del contesto ambientale e relazionale in cui ci troviamo.

Da dove arrivano, in particolare, i segnali di pericolo che possono mettere in allerta il nostro sistema nervoso autonomo?

Il nostro sistema nervoso autonomo valuta in ogni momento della vita, rispondendo alla domanda “Sono al sicuro?”, tutte le informazioni provenienti:
> dall’interno, ovvero da cosa accade nel corpo (battito cardiaco, ritmo respiratorio, azioni muscolari, organi e in particolare digestione);
> dall’esterno, cioè dall’ambiente in cui siamo fisicamente e che abbiamo più vicino;
> dalle relazioni, ovvero dal modo in cui il nostro sistema comunica con altri sistemi, reagendo ai movimenti, vocalizzazioni, espressioni facciali, gesti, suoni.

Conoscere questi meccanismi, può aiutare ad affrontare meglio lo stress e le situazioni di pericolo? Quali applicazioni può trovare questa teoria in un ambito terapeutico?

La teoria polivagale può essere applicata non solo a disturbi psicologici, ma alla salute in generale, all’oncologia, alle malattie autoimmuni, alla fibromialgia. Favorendo una maggiore connessione mente-corpo, si può imparare a riconoscere e regolare i propri stati autonomici, in modo da arrivare a percepire un senso di sicurezza. Durante la terapia basata sulla teoria polivagale, in una prima fase, si propongono una serie di esercizi atti a riconoscere e trasformare le risposte fisiologiche disadattive e a tracciare una mappa del profilo personale delle proprie modalità abituali di reazione. Una volta acquisita la dimestichezza con le risposte fisiologiche del proprio corpo, è possibile aiutare a promuovere la condizione di calma e
connessione sostenuta dallo stato ventro-vagale. I successivi esercizi possono essere volti a facilitare una comprensione più profonda delle risposte di sopravvivenza e a rimodellare risposte abituali di difesa. L’obiettivo è aumentare la capacità della persona di sintonizzarsi in modo non critico sui propri stati corporei, apprezzare l’utilità dei diversi stati di attivazione e accrescerne la flessibilità in modo da raggiungere una regolazione più funzionale e adattiva. All’interno di questo percorso terapeutico, l’attenzione al linguaggio del corpo ha una grande importanza nel favorire la costruzione di un ambiente sicuro.
È importante quindi monitorare continuamente i segnali autonomici che la persona invia, quali sguardo, sorriso, gesti, ma anche l’ambiente fisico che lo circonda. Se i segnali sono di sicurezza, il Sistema Nervoso Autonomo si calma portando a una coregolazione e a un ingaggio attivo nel processo terapeutico, altrimenti sarà facile che si mobilitino risposte di protezione che non permetteranno il processo trasformativo verso il senso di sicurezza personale e interpersonale.
Concludendo, possiamo dire che le implicazioni di questa teoria sono diverse. Innanzitutto che per essere in buona salute è importante avere buone relazioni sociali (con gli altri e con noi stessi), che attivano il nostro sistema ventro – vagale favorendo uno stato fisiologico sano. La seconda è che grazie alla bidirezionalità del sistema, lo stato dei nostri organi viscerali condiziona la nostra vita sociale. Ma soprattutto, come raccomanda Porges, che “più che trattare le malattie con farmaci e chirurgia, orientati verso il singolo organo, la medicina
dovrebbe riorganizzare un corretto stato fisiologico generale dell’organismo tenendo in considerazione mente e corpo”.

 

 

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