Cosa sono le contrazioni e a cosa servono?

Doglie o onde. Ci sono diversi modi per definirle. Ogni termine utilizzato ha una diversa sfumatura. E ogni donna le vive e le racconta in modo diverso. Parliamo delle contrazioni, ovvero l’attività dell’utero che porta alla nascita del bambino, e lo facciamo con la dottoressa Monica Vitali, ostetrica.

Dottoressa Vitali, cosa sono e che funzione hanno le contrazioni dell’utero?

La contrazione uterina è la forza motrice che permette, durante il parto, la dilatazione del collo uterino e la progressione del corpo mobile (feto) nel canale pelvi genitale. Sono avvertite come forti dolori nella parte bassa dell’addome (alcune donne le paragonano ai dolori mestruali ma molto amplificati), a volte anche alla colonna vertebrale e nella zona renale. Le contrazioni uterine durante il travaglio sono: involontarie, intermittenti e ritmiche (la durata delle contrazioni può variare da 30 a 90 secondi, l’intervallo tra due contrazioni oscilla tra 1 e 3 minuti), totali (interessano l’insieme dell’utero), dolorose (il dolore aumenta d’intensità con la progressione del travaglio e si modifica contemporaneamente come qualità e irradiazione; in realtà la percezione dolorosa è variabile secondo la partoriente). La struttura che rende possibili le contrazioni dell’utero è il miometrio ovvero la tunica muscolare dell’utero, costituita da fibrocellule muscolari lisce disposte a strati. Il meccanismo delle contrazioni uterine è differente da quello di altri muscoli. A livello dell’utero si ha, infatti, un tipo di muscolatura diverso da tutti gli altri organi, perché è costituito essenzialmente da cellule lisce che funzionano indipendentemente dalla nostra volontà. Inoltre, la muscolatura uterina è data da fasci di fibre spiraliformi e non poste in modo longitudinale (muscoli lunghi) o circolare (muscoli cavi). Lo scopo di questa distribuzione di fibre muscolari è duplice. Al di fuori della gravidanza ha una funzione emostatica alla fine della mestruazione: l’andamento a spirale dei fasci muscolari simula un laccio attorno a ognuno dei vasi della parete uterina. Come fa il chirurgo per fermare un’emorragia, il nostro organismo chiude i vasi della parete stringendoli a cappio. Alla fine della gravidanza, invece, quando insorge il travaglio di parto, questa distribuzione di fibre muscolari permette le cosiddette contrazioni, in cui il muscolo che si contrae induce una spinta del feto verso il basso, ma esercitando una forza uniforme su tutto il corpo fetale. Si parla di “meccanismo peristaltico altamente organizzato”, ovvero di un meccanismo con lo scopo simile alla peristalsi intestinale, con il fine ultimo di far progredire un corpo attraverso un organo cavo.

Ma cosa permette lo scatenarsi di queste onde, oltre alla forza messa in atto dal feto?

L’ossitocina è, senza dubbio, l’ormone chiave coinvolto nella fisiologia delle doglie. È anche soprannominata “ormone dell’amore” poiché agisce anche sul comportamento e sullo stato emotivo. Ma i suoi effetti sono noti soprattutto a livello meccanico: permette le contrazioni uterine, è la responsabile dei riflessi di eiezione del feto e successivamente favorisce anche le contrazioni delle cellule mio-epiteliali che circondano i cosiddetti dotti galattofori (piccoli canali della ghiandola mammaria) con la conseguente emissione del latte del seno. C’è un altro meccanismo da tenere presente, ovvero che durante il travaglio attivo, il dolore prodotto dalle contrazioni e dalla pressione della testa del bambino sul collo dell’utero provoca una secrezione a picco di un altro ormone che è l’adrenalina. Questo picco è responsabile a sua volta della secrezione di ossitocina, precursori delle prostaglandine (responsabili della regolazione fisiologica del travaglio) ed endorfine (sono le nostre morfine naturali, perciò hanno azione analgesica). Questa risposta ossitocica intermittente, è la responsabile del graduale aumento dell’attività contrattile e del suo regolare mantenimento durante un travaglio fisiologico. Tutto ciò ci indica come la natura sia straordinariamente complessa, ma allo stesso tempo perfettamente organizzata per permettere il regolare funzionamento del sistema corpo.

Quando andare in ospedale?

Durante la fase prodromica, che può durare anche molte ore, non è necessario andare in ospedale. È molto meglio rimanere a casa, dove ci si potrà riposare, fare una passeggiata o un bagno caldo. Bisogna andare in ospedale quando si è entrati nella fase di travaglio attivo, quando le contrazioni sono diventate regolari e ravvicinate. Si può definire travaglio attivo quando sono presenti tre contrazioni dolorose in 10 minuti per un’ora circa, per terminare la fase dilatante arrivando a 10 centimetri di dilatazione del collo dell’utero. Da qui inizia la fase espulsiva che dura indicativamente un’ora per chi non ha mai partorito e circa 30 minuti per chi ha già partorito. C’è la possibilità di richiedere assistenza a un’ostetrica che può accompagnare la futura mamma in ospedale a travaglio attivo e concedendosi parte di travaglio al proprio domicilio. Questo permette un parto in tutta sicurezza ma una minore medicalizzazione.

Il “ritmo” lunare dell’utero
La medicina cinese considera l’utero una delle sei strutture corporee definite visceri straordinari. «L’utero è una sorta di “sacchetto” cavo che può essere riempito ed è in grado di svuotarsi, ma a differenza di altri organi ha una ritmicità ciclica, legata alla Luna e alle sue fasi: un ritmo non dettato dalla Terra, ma dal Cielo» osserva la dottoressa Vitali. «Uno dei due grandi cicli di riempimento e svuotamento dell’utero, legato al ritmo lunare, è appunto la gravidanza, che dura 10 mesi lunari, o 9 mesi come comunemente si definisce, ed è caratterizzata da un riempimento crescente e da uno svuotamento finale. Questo svuotamento è un richiamo dato dalle energie Yin e Yang che devono ritrovare un loro equilibrio e può avvenire grazie alla struttura principe che caratterizza anatomicamente quest’organo, il miometrio, ovvero la tunica muscolare dell’utero. Sempre dal punto di vista della medicina cinese, la contrazione o onda può essere definita la forza motrice, Yang, attiva, che, incrementandosi progressivamente a partire già dalla 30° settimana d’amenorrea (cioè dal primo giorno dell’ultima mestruazione) mette in moto alla 40° settimana, o meglio dopo esattamente dieci cicli lunari, lo Yin che si è accumulato nel piccolo bacino e nell’addome nel corso della gravidanza. Ed allora si può dire che la contrazione, doglia, onda, per la donna non è altro che una guida che le permette di “agire attraverso la non azione”, limitandosi esclusivamente a mantenere un’attenzione vigile e a stare nella consapevolezza per permetterle di “essere” attivamente partecipe nell’evento e non subire passivamente. Semplicemente…la chiusura di un ciclo e l’inizio di uno nuovo»

 

A cura di Giulia Sammarco
con la collaborazione della dott.ssa Monica Vitali
Ostetrica riabilitatrice, formazione osteopatica Centro Italiano Pavimento Pelvico.

Richiedi informazioni